Abbiamo pensato di ricordare Ottaviano (il Beppe) raccogliendo la testimonianza di chi lo ha conosciuto e ha percorso un tratto di strada personale e "associativa" insieme a lui.
Da lassù Beppe veglia e accompagna l'Azione Cattolica.

L'Azione Cattolica di Cordenons ha conosciuto bene la passione e la dedizione di Ottaviano per i più piccoli: molti sono ragazzi che ha avvicinato ed accompagnato nella scoperta del Signore e che, dopo che si è diffusa la notizia che era tornato alla casa del Padre a causa di una malattia, ci hanno contattato attoniti per ricordarne la simpatia e la gentilezza. Noi tutti, nel suo lungo servizio come educatore e come presidente parrocchiale, ne abbiamo apprezzato la pacatezza, la misura, l'affidabilità e la costante ricerca spirituale. Con il servizio e la formazione, è cresciuta anche tra noi una sincera amicizia, fatta di stima e nutrita anche di tante uscite, momenti di condivisione e di vita (lauree, matrimoni, nascite, battesimi...). Per Ottaviano, come per molti di noi, l' AC è stata una seconda famiglia: si è sentito accolto, voluto, corresponsabile dell’amicizia tra le persone e quella speciale con Gesù che ci fa scoprire qual è il nostro posto nella vita. In AC Beppe è stato aiutato a scoprire la sua vocazione ed ha aiutato tanti ragazzi ed educatori a trovare la loro.

Addolorati e colpiti, ma fiduciosi nella resurrezione, riusciamo solo a dire “Grazie di tutto Beppe”

A sua moglie Lucia, alla figlioletta Agnese e alla cara mamma Antonella va il nostro abbraccio. 

Consiglio di Unità Pastorale di Cordenons

Stefania Mancin ed Elisabetta Raffin

Ho conosciuto Ottaviano Marson (che noi abbiamo sempre chiamato Beppe) nel 1993. Aveva appena cominciato il servizio educativo con l’ACR nella Parrocchia di San Pietro a Cordenons. Al tempo anch’io facevo l’educatore ACR, sempre a Cordenons, ma nella Parrocchia di S.Maria Maggiore. Il fatto che a san Pietro facesse l’educatrice ACR Stefania, che allora era la mia morosa ed ora è mia moglie, facilitava molto la conoscenza e la collaborazione fra i due Gruppi Educatori, anche perché ogni tanto capitava che si uscisse pure insieme o ci si trovasse per qualche serata insieme con qualcuno degli altri. Inoltre entrambi i Gruppi Educatori erano assidui e costanti nella partecipazione attiva agli appuntamenti zonali e diocesani e così la conoscenza si approfondiva e cresceva approfittando anche degli incontri diocesani, dei campi-scuola ragazzi e dei campi-scuola educatori. Con il passare degli anni entrambi abbiamo dato continuità al nostro servizio, lui sempre in ACR come educatore e poi anche come responsabile ACR, io dai primi anni ‘90 con i giovanissimi. Poi alla fine degli anni ‘90 tutte le associazioni di AC di Cordenons decisero di intraprendere un percorso di collaborazione molto più stretta e così ci trovammo a condividere tutta la vita associativa, il Gruppo Educatori prima, il gruppo Adulti poi. E così la frequentazione proseguiva e – alla reciproca stima – si aggiungeva, con la frequentazione costante, quell’affetto familiare che credo accompagni molte esperienze di AC e molte amicizie di AC e per il quale credo molti di noi possano dire di vivere l’AC come una famiglia allargata di affetti e relazioni significative, fatta di servizio, di fraternità, di formazione, di stima, di condivisione di gioie e di fatiche, nel servizio, nella vita di ogni giorno, nello studio e nel lavoro.

Nel 2005 poi la Provvidenza ci ha messo sulla stessa strada anche nell’esperienza dell’AC diocesana, lui eletto responsabile diocesano ACR (incarico che ricoprirà per un triennio e mezzo, fino quasi alla fine del 2009), io Presidente diocesano di AC.

La condivisione dell’esperienza della Presidenza diocesana di AC è stato un altro momento nel quale (fra le mille altre cose che mi ritornano alla mente e mi piacerebbe raccontare) abbiamo avuto la possibilità di crescere insieme e di far crescere la nostra già consolidata amicizia anche nella bellezza e nella complessità di elaborare una progettualità nuova per l’AC diocesana (era appena uscita – dopo l’esperienza di Loreto 2004 – la prima versione del nuovo Progetto Formativo di AC “Perchè Cristo sia formato in voi” e si trattava di cominciare a declinarlo anche per la nostra AC diocesana) con la condivisione della bellezza e della fatica di fare progetti ed attuarli secondo le nostre capacità e possibilità.

Nel frattempo Stefania ed io avevamo messo su famiglia a Cordenons e qualche anno dopo adottato due splendidi e vivacissimi bambini etiopi; qualche anno dopo Ottaviano aveva incontrato Lucia (mi sembra proprio in occasione della festa diocesana dell’ACR a Fiume Veneto, collaborando con l’AGESCI all’organizzazione dell’evento) ed in pochi anni anche loro hanno messo su famiglia.
All’inizio del triennio 2011-2014 poi ci siamo ritrovati nuovamente molto vicini: le due associazioni parrocchiali di Cordenons ci avevano scelto per fare i Presidenti parrocchiali e – come da tradizione ormai molto consolidata a Cordenons – ci siamo trovati a collaborare molto strettamente per due mandati, dato che i due Consigli Parrocchiali di AC lavorano sempre insieme, di fatto un unico Consiglio di Unità Pastorale.

Poi la malattia di Ottaviano: la prima volta poco dopo il termine del suo mandato da Presidente parrocchiale, le terapie, la lenta ma incoraggiante ripresa, la guarigione. Poi – di nuovo – lo scorso Autunno la ricaduta. Subito i segnali di cui ricevevamo notizia ci avevano molto preoccupati e purtroppo la prima Domenica di marzo la notizia che non avremmo mai voluto ricevere.
Quando qualcuno nella mia vita viene a mancare, mi sono abituato nel corso degli anni a chiedermi due cose. La prima è quale riflesso di Dio quella persona mi ha mostrato nella sua vita. La seconda è la consapevolezza dell’unicità di quel contributo che veniva a mancare al mondo e la necessità di fare qualcosa (magari poco) per fare un po’ di quel bene che la persona venuta a mancare faceva con la sua vita.

In tutti questi anni di vicinanza nei quali ho conosciuto Ottaviano, condividendo con lui molti passaggi di vita da giovani ad adulti, credo di poter dire che per me Ottaviano è stato – con la sua amicizia – segno di disponibilità generosa, servizio sincero, bontà e semplicità di cuore ed apertura serena e piena di meraviglia a qualsiasi novità della vita. Soprattutto ho potuto vedere Ottaviano vivere tutte queste cose con una grande mitezza. Sinceramente non l’ho mai visto arrabbiato, forse al massimo rarissime volte dispiaciuto e seccato per qualche situazione che secondo lui non era abbastanza rispettosa di qualcuno (specialmente se piccolo o debole), ma davvero mai iroso, mai ostile, mai “cattivo”. E credo che la vita di Ottaviano ci abbia ricordato e testimoniato questo in tutti gli anni in cui è stato con noi ed anche nella malattia: Dio è buono, è mite e così è l’Amore; e come ci ricorda san Paolo nella sua prima lettera ai Corinti: “La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.” (1COR13, 4-7)
Grazie Beppe.

Marco Pio Bravo


La prima volta che ho conosciuto Ottaviano è stato ad agosto del 1998 al campo base diocesano per educatori ACR e animatori ACG. Avevo cominciato a frequentare l’Azione Cattolica da poco e il mio parroco mi aveva mandato a Cimolais per capire un po’ meglio cos’era l’associazione e come svolgere l’attività educativa in parrocchia. Quell’esperienza mi ha aperto gli occhi su un mondo nuovo che non conoscevo, ma che ho trovato fin da subito molto familiare: un mondo fatto di relazioni, formazione e servizio. Ottaviano faceva già parte di quel mondo e pian piano ci siamo avvicinati.

Di quel campo non ho ricordi particolari di lui, ma se ci penso bene mi restano piccoli momenti ed esperienze vissute insieme a lui sia a livello associativo (membri dell’equipe al campo base 2 nel 2006, collaboratori dell’Ufficio Formativo diocesano, consiglieri diocesani di AC dal 2008 al 2014, partecipanti a diversi incontri formativi per educatori, ecc.) sia fuori dal contesto di AC (ci siamo incontrati per alcuni anni alla sera a giocare con amici a Lex Arcana, un gioco di ruolo che all’epoca ci avvinceva molto).

Ottaviano era una persona timida, di poche parole, semplice e umile, un “uomo del fare” piuttosto che del dire. Mi ricordo che le volte in cui gli veniva chiesto di esprimersi diventava tutto rosso, perché non gradiva stare al centro dell’attenzione. Anche nei momenti più difficili, non si arrabbiava, non parlava mai male di nessuno, ma ascoltava, cercava una soluzione di compromesso e stemperava tutto con un sorriso. Per questo all’inizio ho pensato che lui fosse debole sia fisicamente sia di carattere. Ma ho dovuto ricredermi, perché ho capito che la forza non è solo quella dote fatta di muscoli, ma una virtù che richiede impegno, costanza e coraggio: e questo Ottaviano l’aveva imparato molto bene.
Era il classico “bravo ragazzo”, cresciuto con quei sani valori di famiglia e di chiesa, che lo facevano essere sempre presente nel momento del bisogno, con senso di responsabilità e di interesse per il bene comune.

Ora non ricordo la situazione che gli avesse fatto guadagnare il soprannome di “Beppe”, ma so che a lui piaceva molto essere chiamato così, soprattutto dagli amici, come se Ottaviano fosse un nome troppo altisonante, imperiale e non corrispondente a chi era nella realtà. Sembrava che avesse preso San Giuseppe come figura di riferimento per la sua vita. Una persona rimasta nella storia non tanto per i suoi discorsi, ma per i gesti semplici e significativi. Come san Giuseppe si è preso cura di Maria e di Gesù con semplicità e umiltà, portando avanti il suo lavoro e le sue convinzioni religiose, così ha fatto anche Ottaviano, che camminando per crescere nella fede si è preso cura di tante persone: dei ragazzi dell’ACR, degli educatori, di sua mamma una volta rimasta vedova, di sua moglie Lucia e della sua bambina Agnese…
Grazie Ottaviano per l’insegnamento e l’esempio che hai dato a tutti noi!

Maria Luisa Cassin


Ho conosciuto Ottaviano in Azione Cattolica una ventina di anni fa quando ho vissuto insieme a lui il campo specializzato… un’esperienza associativa intensa e indimenticabile per il mio cammino di vita e di fede. Il tema dello “straordinario ordinario” affrontato in quel campo si è incarnato e mi accompagna tutt’oggi nella ricerca di rendere la semplicità della vita quotidiana un’esperienza straordinaria d’amore.

Come sempre, quando si vive qualcosa di autentico insieme – e l’associazione questo ce lo fa sperimentare in modo concreto! – rimane un affetto, un legame fraterno che non si perde, seppur poi la vita ti porta altrove e non ci sono occasioni di vedersi anche per molto tempo. Ma il solo ricordo delle persone sincere che hanno incrociato la propria vita, riempie il cuore di gioia e ti strappa un dolce sorriso ogni volta che le pensi.
Ho avuto modo di apprezzare ancor più Ottaviano nell’esperienza diocesana in AC durante la presidenza degli anni 2008-2011, in cui abbiamo condiviso un anno di presidenza insieme, oltre al consiglio e alla vita associativa diocesana. Proprio in quegli anni ho avuto l'occasione di conoscerlo meglio, di scoprire chi si nascondesse dietro quella sua timidezza e quel silenzio che lo distingueva.

Chi fosse quella persona discreta a cui non piaceva essere il primo della fila, ma non si risparmiava mai nel servizio e nella presenza. Lo contraddistingueva l’immensa fedeltà e generosità che esprimeva ogni volta che si prendeva un impegno, mettendosi sempre a servizio per gli altri.

Di quell’amico conosciuto in quel campo associativo, con il quale ho percorso un pezzo di strada e che ora sono certa ci guardi da lassù insieme al Signore, porto nel mio cuore il suo sorriso sincero, dal quale traspariva in modo inequivocabile la sua bontà e purezza d’animo, capace di entusiasmarsi delle piccole cose, di mettersi in gioco senza lasciarsi bloccare dalle paure e dalla timidezza, di cercare sempre una battuta per cui sorridere. La sua umiltà ed essenzialità davano molto spazio al silenzio e alla compostezza, misurando le parole da dire e facendo della sua operosità gioiosa per gli altri quello “straordinario ordinario” che ha saputo testimoniare con la sua vita.

Lisa Moni Bidin


Per chi volesse fare una donazione in memoria di Ottaviano può devolverla alla Via di Natale (come scelto dalla famiglia in occasione delle esequie) a questo link

 

 

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